giovedì 22 gennaio 2009

Lo Stronzario - Vol. 1

Stamattina un cliente mi ha regalato questa chicca:

"Secondo me la grafica del sito dovrebbe essere pulita, in linea con lo stile del nuovo amministratore delegato. Non so se l'avete già conosciuto, lui è uno molto pulito."

Mi sono detta che quando mi chiederanno un sito lercio farò in modo di tenermi alla larga dall'amministratore delegato di turno.

mercoledì 21 gennaio 2009

Io ci voglio credere.

Sono seduta in macchina, sotto la pioggia battente.
Ascolto musica fumando la mia solita sigaretta delle 18.50, e guido verso casa.
Mentre dalla radio Paul McCartney mi racconta che ieri tutti i suoi problemi sembravano così lontani, senza preavviso un pensiero mi attraversa il cervello.

La cultura è davvero una cosa meravigliosa.

E non parlo di cultura in senso aulico, intesa come altisonante privilegio destinato ad un'oligarchia di professoroni.
Mi riferisco a quell'infinitamente più umano impulso di curiosità che ti fa amare profondamente quello che leggi, quello che vedi, quello che ascolti, e come una potentissima droga ti spinge a volerne sapere sempre di più.

Non c'è niente di più appagante del momento in cui riesci a isolare nella realtà che ti circonda una fugace connessione, una sinapsi che rievoca le righe di una pagina sfogliata, una canzone, la sequenza di un film o le parole che davano vita al racconto di un amico come pennellate sapienti sulla tela di un bel quadro.

E' una scossa elettrica che rianima qualcosa di cui ignoravi l'esistenza dentro di te e che invece era vivo e vegeto, e semplicemente sonnecchiava nella tua testa.
Un po' come il mio cane che esce dall'apparente letargo con uno scatto alla Pietro Mennea quando qualcuno nel raggio di dieci chilometri scarta un formaggino.

Ad esempio.
Non so se avete presente quelle favolose coincidenze per cui ci si imbatte per caso in qualcosa di cui si è venuti a conoscenza solo pochissimo tempo prima. Un autore, un nome, una vecchia canzone, un fatto storico.
Ebbene, vi svelo un grandissimo segreto. Queste sono coincidenze tanto quanto lo è il fatto che io sia sempre sotto la doccia quando telefona qualcuno che mi sta sulle palle.
Di casuale non c'è proprio niente. Quelle cose sono sempre state lì, solo che noi non ci avevamo mai fatto caso.

E credo sia questo uno dei motivi che ti fanno apprezzare di essere al mondo e nel mondo, il gusto agrodolce che ti lascia la consapevolezza di quello che hai imparato unita all'immensità di ciò che ti resta ancora da scoprire.

Paul cerca di interrompere le mie riflessioni dicendomi che ora ha bisogno di un posto dove nascondersi. Forse si è accorto che più passano gli anni più assomiglia ad una vecchia befana.

E intanto mi ronza in testa l'idea che questo meccanismo a moto perpetuo di interesse, stupore e comprensione possa funzionare allo stesso modo anche nei rapporti fra le persone.

Non ci interessiamo abbastanza alla gente con cui dividiamo questo pianeta, dovremmo essere curiosi di sapere chi c'è dietro il volto di ognuno, anche dietro quello inespressivo di chi fa finta di non vederci per non essere costretto a salutarci.
Tutti hanno una storia, e quella storia, in quanto tale, merita di essere raccontata.
Basta un assaggio reciproco del piccolo universo che nascondiamo per far nascere in noi il bisogno di parlare e di ascoltare.

In tutto questo credo fermamente.
E, come un novello Don Chisciotte, voglio battermi all'ultimo sangue contro l'enorme mulino a vento dell'ammuffimento culturale, che trasforma la sesta di reggiseno di una cerebrolesa del Grande Fratello in un valido argomento di conversazione.



lunedì 19 gennaio 2009

Buon lunedì

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mercoledì 14 gennaio 2009

Sending out an S.O.S.

Mai come ora vorrei che il limbo fosse soltanto uno spensierato ballo di gruppo utilizzato come espediente alle feste per ridicolizzare gli invitati ubriachi e distrarli dal fatto che sono finiti gli alcolici.

E invece no.
Per me "limbo" in questo momento non è altro che l'unica e impietosa definizione atta a descrivere la condizione in cui mi trovo a vivere attualmente.

So dov'ero, so dove sono, non so dove sarò né cosa farò.

Non che io non apprezzi l'eccitante imprevedibilità dell'esistenza umana, anche se spesso può essere piacevole come un cactus che spunta all'improvviso nel bidet un istante prima dell'uso, è solo che a questo tipo di situazioni il mio organismo reagisce in un unico modo: generando ansia a ritmo incessante.

E per quanto mi faccia piacere che, grazie al mio contributo economico, i produttori di valeriana, tabacco e Maalox abbiano potuto vedere laurearsi i loro figli, ammetto che a volte un po' di razionalità e di nervi saldi renderebbero tutto molto più semplice.

Inutile precisare che l'ipertensione cronica è inoltre simpaticamente permeata da un alone di pessimismo cosmico in grado di raggiungere livelli da record.
Per rendere l'idea: se fossi un prestigiatore eviterei di guardare nel cilindro per paura di trovare il coniglio morto.

Ad ogni modo, devo essere sincera.
Io non so quale recondita area del mio cervello continui a pulsare mentre il resto del corpo ammuffisce in uno stato di catatonico negativismo, ma da qualche parte dentro di me sopravvive la convinzione che tutto andrà per il verso giusto, e se qualcosa non va vuol dire che era destino.

Peccato che quest'ultima affermazione faccia rabbrividire la mia proverbiale scaramanzia, costringendomi ad andare in giro con le mutande al contrario almeno per altre due settimane.

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mercoledì 7 gennaio 2009

Fiaba di Natale (postuma)

E' la sera della Vigilia.

Lungo le strade, le finestre illuminate svelano l'intimità delle famiglie che si riuniscono per condividere e celebrare la magia del Natale.
C'è chi appresta con cura la tavola per l'imminente cenone; c'è chi riabbraccia i propri cari giunti in visita, c'è chi sistema gli ultimi regali sotto l'alberello scintillante; c'è chi sfida il proprio partner a un videogioco demenziale aspettando di lanciarsi su un ammasso di cibi e alcolici gettati a caso sul tavolo.

Inutile specificare che questi ultimi esemplari siamo io e il mio fidanzato.
Tranne che per quella faccenda delle finestre illuminate. Perchè le nostre si affacciano su un muro.

Insomma.
La sera della vigilia eravamo lì. Io, il mio fidanzato, e Gigi il Cane.
Ci godevamo una piccola festicciola nel confortevole tepore della nostra dimora.

Seduti intorno al tavolo, ci crogiolavamo nell'atmosfera conviviale e affettuosa che un desco imbandito con amore riesce a creare, anche quando gli astanti sono numerosi come vegani alla sagra della porchetta.

Immersa catatonicamente nella degustazione delle vivande e soprattutto delle bevande, d'un tratto vengo attirata dal bizzarro accostamento che si presenta davanti ai miei occhi.
Un untissimo salame e del salmone affumicato giacciono inerti di fronte a me, l'uno di fianco all'altro.
La mia mente, avviluppata da una coltre di zuccheroso sentimentalismo natalizio, inizia a vagare a ritroso alla ricerca del senso della vita e bla bla e devo smettere di bere prosecco.

Condivido le riflessioni alcoliche col mio fidanzato.
"Secondo te il maiale e il salmone si sarebbero mai immaginati di stare un giorno vicini sullo stesso tavolo? Cioè, voglio dire. Il maiale vive nella fattoria. Il salmone nel fiume. Dubito che avrebbero mai pensato di potersi incontrare un giorno."

Lui:
"Dubito."

Io:
"Pensa, magari invece si erano conosciuti per caso... Che ne so, magari il maiale, gironzolando in cerca di ghiande nella foresta, si è imbattuto in un fiume e avvicinatosi per specchiarsi nell'acqua ha incontrato il salmone!".

Lui:
"Non credo che i maiali siano in grado di riconoscere la propria immagine riflessa."

Io:
"E pensa! Magari hanno chiacchierato, si sono scambiati occhiate di complicità, hanno scoperto di avere tante cose in comune, e si sono innamorati!"

Lui:
"Certo."

Io:
"E si sono amati clandestinamente affrontando gli ostacoli creati dalla diversità e dai pregiudizi razziali!"

Lui:
"Chiaro."

Io:
"E mentre il loro sentimento diventava ogni giorno più immenso e incontenibile, cercavano di vivere con la massima intensità ogni attimo trascorso insieme, sapendo che il loro rapporto non avrebbe avuto un futuro..."

Lui:
"Toccante."

Io:
"E alla fine...fatalmente arrivò l'inverno, ed entrambi dovettero affrontare il destino crudele sacrificando la loro vita per arricchire il menu dei cenoni di Natale. Non sapevano però che la potenza dell'amore li avrebbe riuniti dopo la morte, come Romeo e Giulietta, proprio qui, sul nostro tavolo."

Lui:
"Pazzesco."

Io:
"Oddio. Per colpa nostra la storia finirà in modo tragico. Tu stai mangiando il salmone, io il salame. Ora dovranno separarsi di nuovo. Tutto per colpa nostra! CAPISCI? E' terribile."

Lui:
"Potremmo fare la cacca nello stesso posto."

Adoro le storie a lieto fine.