lunedì 22 giugno 2009

L'amor scortese.

Ore 19.00. Rientro dall'ufficio. Sono in autobus.

Inutile ribadire ulteriormente quello che ormai è un dato di fatto, ossia che i mezzi pubblici rappresentano un magico parco dei divertimenti per tutti gli appassionati della stamberia umana e delle sue stupefacenti declinazioni.

Ma comunque.

Seduta al mio posto, assisto mio malgrado alla telefonata di un esemplare di tamarro medio postadolescente con quella che, senz'ombra di dubbio, è la sua fidanzata.

Un dialogo talmente melenso, e soprattutto denso di epiteti sdolcinati, da provocarmi ad un tratto l'istinto di portarmi la mano al naso per verificare che quello che sta uscendo dalle mie narici non sia cioccolato fondente.

"Amore, ciao! Come stai amore? Come dici tesoro? Non sento amore. Ah, ecco ora ti sento amore. Cos'hai fatto oggi amore? Tutto bene tesoro? Ah, davvero amore? Ma dai, amore. Non ci credo tesoro. Veramente amore? Non so cosa dire amore, mi dispiace amore. Ma amore tu cosa hai risposto tesoro? Beh hai fatto bene amore, anche io avrei fatto così amore. Ma pensa tu, tesoro. E' pazzesco amore. Sai cosa ti dico amore? Tuo padre è proprio un figlio di puttana".

Il violinista immaginario, che mi figuro accompagnare la conversazione con una melliflua melodia, sviene rovinosamente vittima di un inesorabile colpo apoplettico cacciandomi l'archetto immaginario in un occhio nient'affatto immaginario.

A questo punto mi chiedo (e con ciò, faccio pubblica ammenda per conto del retrogrado e illuso stilnovista che alberga dentro me): com'è possibile che quello che un tempo faceva rima con CUORE, oggi faccia rima con TUO PADRE E' UN FIGLIO DI PUTTANA?

E' forse questo il motivo per cui tutte le storie che un tempo finivano con "e vissero felici e contenti" oggi finiscono dall'avvocato o nel letto di un terzo incomodo?

O forse si tratta solo di un habitus tipico del tamarro medio postadolescente su cui ora io mi accanisco perchè ho le palle girate e tanto bisogno di andare in vacanza?

Non lo so.

Ma una cosa è certa: non c'è più rispetto, come cantava un noto musicista italiano che non nominerò perchè per oggi di Zucchero ne ho già assunto a sufficienza.